Testimonial Sara Spiteri dal concorso Miss Italia nel Mondo
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1) Cinema: Realizzazione di Film o Cortometraggi;
2) Organizzare concorsi di bellezza o sfilate di moda.
previo esame sulla fattibilità del progetto, potremmo fornirti ogni supporto necessario. Con questi presupposti, perché lasciarsi sfuggire questa possibilità? Vuoi cambiare la tua vita grazie al tuo talento, essere vincente e raggiungere i tuoi obiettivi? Ti piacerebbe poter Realizzare un cortometraggio, oppure un film? Hai già scritto il soggetto o la sceneggiatura? Pensi di essere creativo e fantasioso? Il sogno di fare l'attore rientra nei tuoi obiettivi? Vuoi organizzare una sfilata di moda oppure un concorso di bellezza nell'ambito della tua provincia o regione ?
Ricorda che le tue credenze possono essere rafforzate solo dalla tua determinazione e ogni risultato è subordinato da quello che credi.
La fabbrica degli attori
Vuoi metterti in gioco per realizzare un cortometraggio ? Ti forniremo dettagliate informazioni. Dovrai semplicemente leggere il testo che segue. Idee per cortometraggi - Le fasi della produzione cinematografica. Buona Fortuna !!!
Un cortometraggio eccellente può rappresentare il tuo accesso al mondo del cinema. Scopri come trovare l’ispirazione e trasforma la tua idea dal copione alla proiezione.
I racconti brevi del cinema
Un racconto breve può essere avvincente al pari di un romanzo. Analogamente, i cortometraggi di qualità contengono gli stessi elementi narrativi dei film (un evento scatenante, un conflitto e una soluzione), ma in un contenitore più piccolo. Ogni genere ha il relativo formato breve: documentari, storie drammatiche, horror, commedie romantiche e non solo.
“Un cortometraggio è come un estratto. Può durare 2 minuti come 23”, afferma la regista Helen Alexis Yonov. “Ma offre un pezzo di vita con una struttura completa: inizio, sviluppo e finale. Secondo me, bisognerebbe rispettare i cortometraggi, perché è difficile creare qualcosa di valido in otto minuti”. Un cortometraggio di qualità può influenzare il pubblico, vincere premi nei festival del cinema e diventare il biglietto da visita per garantirti un lavoro nella produzione di film o video.
Ai festival si va dai quindici in giù
I cortometraggi generalmente durano da 5 a 15 minuti. Talvolta sono più lunghi, ma anche più brevi. I micro-cortometraggi non raggiungono i 5 minuti. A partire da 50 minuti, invece, si può parlare di lungometraggio. “Di norma, consiglierei di restare entro i 15 minuti, perché è la durata tipica da festival cinematografico”, spiega Yonov. “Se già in 8 minuti produci un video accattivante, non andare oltre. Sarà il cortometraggio stesso a farti capire quanto deve essere lungo”.
Raccogli idee per cortometraggi
I cortometraggi hanno successo in proporzione al coinvolgimento del pubblico, analogamente a quanto avviene per quelli con finalità di marketing. Non bisogna però tralasciare un aspetto forse più importante: una storia per un film è buona quando nasce da un’idea che affascina prima di tutto lo sceneggiatore. Partendo da questo presupposto, si deve trovare poi un modo per rendere quest’idea interessante anche per il pubblico.
“Punta all’unicità. Pensa a un’idea accattivante. E realizza quello che fa di te un regista”, consiglia Yonov. “Riflettendo sul tuo pubblico, non pensare esclusivamente: ‘A tal dei tali piacerà quello che sto facendo e mi affiderà un lavoro?’ È qualcosa che fai anche per te”.
Le idee per una storia si trovano ovunque
Un film può nascere da tante situazioni: una conversazione che ti capita di ascoltare, un bel quadro o anche la cronaca quotidiana. Non puoi mai sapere dove troverai l’ispirazione: momenti significativi della tua esistenza, riflessioni sulle vite degli altri o eventi reali che estrapoli dai giornali.
Raccogliendo idee per il tuo film, ricorda che basta una scintilla. “Potresti leggere un articolo di una rivista e pensare: ‘Caspita, questo sì che è interessante’. Approfondisci l’argomento ed elimina il superfluo, fino a individuare quel piccolo dettaglio prezioso su cui ruoterà il tuo lavoro”, spiega Yonov. “L’aspetto cruciale è proprio trovare quella gemma preziosa nella storia, ciò che rende tutto più accattivante”.
Tieni costantemente la mente aperta all’ispirazione e prova sempre nuove esperienze: a volte, basta semplicemente guardare un film che non hai mai visto, leggere un nuovo libro o entrare in un bar in cui non eri ancora stato. Quando esci, porta con te un taccuino o usa l’app per le note del tuo cellulare: potrai sempre prendere appunti, non appena ti viene in mente un’idea.
“Non appena trovo l’ispirazione per una storia, butto giù qualche appunto nell’app delle note sul cellulare”, racconta il regista Jhosimar Vasquez. “Poi ci ritorno una volta a casa e cerco di ampliarla, aggiungendo musica all’idea iniziale”.
Chiediti: “E se...”
Se fatichi a trovare una storia dall’inizio alla fine nella tua quotidianità, prova a porti domande come “E se...?” pensando agli eventi che ti accadono intorno. E se un ex si presentasse alla mia porta? E se quell’uomo che ho notato in metropolitana stesse per incontrare suo padre per la prima volta in vita sua? E se quella storia di cronaca di cui ho appena letto fosse raccontata da tutt’altra prospettiva?
Segui le tue emozioni
Un modo per trovare l’ispirazione è raccontare storie basate su questioni sociali che hai a cuore. “Io cerco di unire le mie idee con fatti reali”, afferma Vasquez. “Quando sento di dover raccontare al mondo una storia, capisco che quella è la direzione giusta”.
Cerca un’emozione correlata a un evento e valuta come trasmetterla a un pubblico. “Chiediti: ‘Cosa voglio che provino gli spettatori?’ Parti da ciò che senti tu in quel momento. Lascia che sia questo a guidarti”, aggiunge Vasquez. “Una volta guardavo il filmato di una ragazza in fuga dalla Siria. Ho assimilato quella realtà per provare ciò che lei stava provando. Fare proprio un determinato sentimento è la chiave per un copione di qualità”.
Un cortometraggio può essere utile a riprodurre un momento difficile della tua vita o di quella di un’altra persona, trasformandolo in qualcosa in grado di aiutare gli altri. “Nella mia vita ho assistito a diverse situazioni traumatiche. Sono ovunque, ogni giorno”, confida Vasquez. “Realizzare un film è un modo per uscire dalla zona di comfort e trasformare la tragedia in una cosa diversa, cambiarla”.
Scrivi una sceneggiatura di successo per un cortometraggio
Il copione per un cortometraggio dovrebbe contenere da 5 a 15 pagine. Solitamente, una pagina corrisponde a 1 minuto di film. Punta alla semplicità. Colti dall’ispirazione, basta poco per farsi trascinare finendo per andare troppo oltre per un cortometraggio. “Bisogna seguire una sola idea, un unico fil rouge”, dice Yonov. “È come trovarsi in una foresta: è pieno di sentieri da percorrere, ma puoi seguirne uno solo per non perderti”.
Proponi le bozze a persone di cui ti fidi, chiedi loro di leggerle e darti un feedback. Il processo di critica ti aiuterà a eliminare tutto ciò che non è strettamente legato alla storia principale. Attenzione, però: non devi per forza attenerti pedissequamente al feedback! Fidati dell’istinto quando racconti la tua storia.
Impara a conoscere i tuoi personaggi
Più delinei i tuoi personaggi come individui nella loro interezza, più ti sembrerà semplice scriverne. Anche in un cortometraggio, crea una figura dettagliata per tutti i personaggi principali. Costruiscili ponendoti domande su di loro.
Le loro azioni e le reazioni appariranno più realistiche, se si basano su queste figure dettagliate. Ad esempio, un personaggio potrebbe essere scostante nei confronti del padre in una scena, per via della loro difficile relazione. “Non c’è bisogno di chiederti come reagirà il personaggio”, spiega Yonov. “Il dialogo, infatti, fluisce in modo naturale, perché conosci tutto ciò che c’è da sapere su di lui”.
Includi istruzioni artistiche approfondite
Non tutti i cortometraggi richiedono storyboard completi di come si presenterà ogni scena. È consigliabile, però, riflettere su come vuoi che appaiano personaggi e ambientazioni. Parti da un moodboard o da un lookbook visivo per personaggi, location e atmosfere del tuo film. Includi foto scattate da te o immagini che hai trovato durante le tue ricerche e che ti hanno ispirato.
Grazie al moodboard o al lookbook, il team riesce a comprendere la tua visione e può aiutarti a ottenerla. Aggiungi quanti più dettagli puoi. “Ho iniziato a creare moodboard più approfonditi, in cui parlo delle ombre, della musica, dell’illuminazione, delle angolazioni, dei toni”, afferma Vasquez. “Una volta ho preparato una presentazione di 40 pagine per il mio direttore della fotografia”.
Finanzia e gira il tuo cortometraggio
Trova i fondi
A meno che tu non sia Francis Ford Coppola, il tuo primo cortometraggio sarà un film indipendente. Quindi non potrai beneficiare dei fondi di una grossa casa cinematografica o di una compagnia di produzione hollywoodiana. Avere un budget ridotto alla prima prova da filmmaker può essere un problema, ma è risolvibile.
“Se hai i soldi, investi su di te. Se invece ti mancano, trova qualcuno che investa su di te e sulla tua troupe”, suggerisce Yonov. “Poi prendi la fotocamera, l’iPhone o qualunque altro strumento a tua disposizione e inizia a girare. Non farti frenare dal fatto di non avere 100.000 o 50.000 o nemmeno 10.000 euro da spendere per il progetto”.
Metti in piedi una troupe cinematografica
Per entrare nel mondo del cinema, devi essere in contatto con altre persone con i tuoi stessi obiettivi. Potrebbero accettare di lavorare al tuo film gratis o dietro un piccolissimo compenso, se ti offri di ricambiare il favore. Non lesinare mai sul cibo, però, anche quando sei a corto di budget. “Assicurati di far mangiare sempre bene la tua troupe. Se hanno lo stomaco vuoto, non saranno felici”, spiega Yonov.
Costruisci una community con altri filmmaker che saranno contenti di lavorare con te in futuro. E, se hai fortuna, durante il percorso potresti anche incontrare dei mentori con più esperienza di te. “Circondati di persone più esperte di te”, consiglia Yonov. “Il mio direttore della fotografia conosce obiettivi, colore e profondità di campo meglio di me”.
Monta il tuo cortometraggio
Sfrutta tutte le funzionalità di Adobe Premiere Pro per montare il film, ad esempio aggiungere transizioni fluide, clip audio da Adobe Stock e titoli professionali. Tutto da una sola app. Infine, ultimato il film, esportalo in qualsiasi formato ti serva.
Proponilo ai festival dedicati ai cortometraggi
Se pensi di inviare il tuo film a un festival, ti poni una scadenza per completare il progetto e al contempo hai modo di condividerlo con il mondo. Vincere determinati festival, inoltre, apre le porte degli Oscar al tuo cortometraggio: parliamo di Sundance Film Festival, Ann Arbor Festival, Tribeca Film Festival, LA Shorts Fest, Hollyshorts, Austin Film Festival e tanti, tanti altri.
Compila un elenco dei festival del cinema che ti interessano e informati sui generi che accettano, sui limiti di durata, sulle scadenze per la presentazione del lavoro e su eventuali regole speciali per l’iscrizione. In questo modo, potrai proporre il film giusto al momento giusto.
Esci e scopri come mettere in pratica la tua idea in un cortometraggio. Potresti vincere un Oscar! “Non aver paura di provarci”, incoraggia Yonov. “Ma non temere nemmeno di fallire. Non aver paura di lanciarti e di filmare qualcosa con un gruppetto di amici. Non si può mai sapere, potresti davvero creare un ottimo prodotto”.
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Le fasi della produzione cinematografica
Il ciclo industriale di un film si articola in tre fasi: la pre-produzione, la produzione e la post-produzione. La pre-produzione è la fase che precede le riprese: comprende la progettazione del film (che culmina con la stesura della sceneggiatura), la sua pianificazione e preparazione.
La produzione è la fase delle riprese ed è suddivisa in due momenti: la lavorazione (cioè le routines organizzative e amministrative della troupe sul set) e lo shooting, le riprese vere e proprie. La post-produzione è la fase successiva: comprende il montaggio (l’assemblaggio delle inquadrature girate), l’edizione (la preparazione della copia definitiva), il lancio e la distribuzione.
LE FASI DELLA PRODUZIONE CINEMATOGRAFICA: LA PRE-PRODUZIONE CINEMATOGRAFICA: COMPOSIZIONE DELLA TROUPE E DELL’ORGANIZZAZIONE
La prima fase della produzione coincide con la fase di stesura della sceneggiatura. Il contenuto narrativo del film (la trama) è messo per iscritto. Di solito questo momento è indicato come la fase letteraria della produzione. La sceneggiatura non ha però un valore letterario autonomo; essa consente di formulare un preventivo economico. Con lo studio-system è diventata una tappa fissa.
Una troupe cinematografica è composta da numerosi reparti, la maggior parte dei quali già attivi in pre-produzione e coinvolti fino alla fine. Un caso a parte sono i reparti sceneggiatura e montaggio, alfa e omega del film. Ma spesso chi scrive la storia continua a lavorare anche in fase di riprese.
1. Regia. Il regista è il responsabile artistico del film, spesso scrive soggetto e/o sceneggiatura. Nella pre-produzione sceglie gli attori d’accordo con il produttore e decide l’impostazione visiva del film. L’aiuto-regista non ha un ruolo artistico ma di coordinamento. Gli assistenti alla regia colla-borano con l’aiuto nel gestire attori e comparse. Al reparto di regia afferisce anche la segreteria di edizione (continuity girl). Il capogruppo delle comparse (crowd marshall) reperisce le comparse.
2. Produzione. Il produttore (producer) è il finanziatore del film, colui che decide se intraprendere la produzione. Oggi non rischia capitali personali, raccogliendo le finanze attraverso prestiti privati, finanziamenti statali, vendita dei diritti televisivi, diritti di distribuzione. Il produttore esecutivo (executive producer) realizza il progetto utilizzando il budget messo a disposizione dal produttore.
Se la produzione è grossa, esiste anche la figura dell’organizzatore (production manager), responsabile di tutte le fasi della produzione. Altrimenti tali funzioni sono assorbite dal direttore di produzione (unit manager) che ha un ruolo più logistico-operativo: fissa le location, richiede i permessi per girare, organizza i trasporti. Alle sue dipendenze vi sono gli ispettori di produzione, che si occupano di permessi e assicurano la comunicazione tra i reparti; gli assistenti di produzione e i segretari di produzione, che hanno compiti di segreteria organizzativa.
3. Amministrazione. L’amministratore cura la contabilità, le assunzioni e provvede alle paghe e della troupe. E’ assistito da uno o più cassieri.
4. Fotografia. Il direttore della fotografia esegue dei sopralluoghi sui luoghi delle riprese e stendendo una lista dei materiali tecnici necessari.
5. Scenografia. Lo scenografo discute con il regista lo stile visivo del film, disegna e fa disegnare i progetti delle scenografie per gli studi o gli interventi da fare ai luoghi reali. L’attrezzista di scena (propman) realizza le scenografie con gli attrezzisti di preparazione, costruttori, manovali e pittori. Gli assistenti scenografi, con gli aiuti (runners) collaborano con lo scenografo nei sopralluoghi.
Lo story-concept del film
Senza le pretesa di fornire uno schema fisso, solitamente le tappe che portano alla stesura di una sceneggiatura sono quattro: l’idea drammatica, il soggetto, la scaletta e il trattamento. Alla base di una storia per immagini c’è sempre un’idea drammatica: ma non la scintilla nella mente dello sceneggiatore, bensì ciò di cui il film parla, ciò che nei manuali di sceneggiatura è definito story-concept: non il tema trattato, ma il riassunto della storia, il suo nucleo.
Lo story-concept è ciò che gli addetti ai lavori chiamano telegramma: le venticinque parole con cui i produttori pretendono di farsi riassumere la storia del film. Se tutti i film sono basati su un’idea narrativa, non tutte le idee narrative posseggono uguale forza drammatica. I manuali distinguono high-concept e low-concept: il primo è una narrazione dominata dall’intreccio, il secondo una nar-razione incentrata sul personaggio. Tale distinzione richiama quella tra drammaturgie forti e deboli.
Per inventare un’idea drammatica è anche possibile partire dalla riscrittura di un mito, di un archetipo, di un evento reale. Ma si può anche narrare il seguito o l’antefatto, utile escamotage per ritrovare un’ispirazione personale dietro storie e personaggi inventati da altri.
In Manuale di sceneggiatura cinematografica (1998) Aimeri propone di definire l’idea drammatica come un’ipotesi sulla realtà, una domanda: cosa succederebbe se? Volendo paragonare una storia a un percorso a bivi, la prima domanda è l’imbocco del sentiero: cosa succederebbe se un drammaturgo colto e impegnato fosse chiamato a Hollywood per scrivere un film sul wrestling (Barton Fink)? O se in un gagster-movie i cattivi fossero spiritosi e simpatici (Pulp Fiction)?
Tali domande sono anche delle prospettive critiche sulla realtà, un modo per abbordarla da una visuale inconsueta, e per esplorare nelle sue connessioni più nascoste. Per questo esse finiscono spesso per mettere in relazioni mondi a prima vista incomparabili. E per questo i film spesso anticipano la realtà: perché fanno continuamente delle ipotesi sul suo svolgimento futuro.
In senso più ampio, inventare storie è sempre un atto di responsabilità morale: una domanda implica l’assunzione di un punto di vista. Una storia è sempre un’interrogazione sul possibile e sul rapporto tra possibile e necessario, dunque è intrinsecamente etica. Come scrive Warthon: “Un buon soggetto deve contenere qualcosa che getti la luce sulla nostra esperienza morale”.
Il soggetto cinematografico
Una volta chiarita l’idea drammatica dal principio alla fine (salvo poche eccezioni, è sconsigliabile iniziare a scrivere una storia se non si sa come concluderla), lo sceneggiatore comincia a stendere il soggetto. Il soggetto è la storia sotto forma di breve racconto letterario, e deve contenere indicazioni sintetiche ed esaustive sugli elementi necessari della vicenda: il protagonista e i personaggi principali; la localizzazione spazio-temporale, l’inizio, il centro e la fine della storia.
La lunghezza di un soggetto può andare dalle tre alle dieci cartelle, ma per Syd Field la misura ottimale è di quattro cartelle, così distribuite: una cartella e mezza per il primo atto (mezza pagina per la scena di apertura, mezza per l’azione generale, mezza per il primo colpo di scena); una cartella per il secondo atto, lo sviluppo della storia (mezza per l’azione e mezza per il secondo colpo di scena); una cartella per il terzo atto, la risoluzione.
Field è fin troppo dettagliato, ma tale suddivisione ha lo scopo di evitare ciò che Cerami chiama “effetto uomo Michelin”: un racconto sproporzionato come il pupazzetto, in cui ci si dilunga troppo su una singola situazione o su particolari accessori, dimenticando la linea d’azione principale.
Occorre permettere al lettore di farsi subito un’idea della storia, deve balzare agli occhi lo story-concept. L’intreccio deve essere semplificato, i personaggi ridotti al minimo, la scrittura semplice e coinvolgente. Si può scrivere al presente o al passato: il primo si adatta meglio ai film d’azione, il passato alle sfere d’atmosfera. Il soggetto può essere tratto da fonti diverse: se è tratto da opere letterarie preesistenti si dice derivato; originale se è stato pensato e scritto per il grande schermo.
Le fasi della produzione cinematografica: La scaletta cinematografica
La fase successiva di elaborazione è la scaletta, lo scheletro del film, il suo schema: un elenco degli eventi principali organizzato per punti, per scene-azioni numerate. Si scrive senza preoccu-pazione di stile, come lista dei fatti su cui lo sceneggiatore può tornare aggiungendo o spostando.
La scaletta è il progetto della sceneggiatura. Un punto numerato di scaletta può contenere una o più scene. L’importante è che si isoli un’unità narrativa, un’azione-cerniera, una delle azioni che fanno progredire il racconto. Per un lungometraggio tra i 90 e i 110 minuti si va da una prima scaletta di sei/sette punti a una, più dettagliata e detta da Cerami scalettone, di venticinque punti.
Il soggetto contiene la fabula (cioè l’esposizione degli eventi in ordine cronologico e causale, senza flashback e flashforward) mentre la scaletta è l’intreccio, cioè l’ordine di presentazione degli eventi sullo schermo. La differenza tra soggetto e scaletta può essere molto rilevante, specie nei film che sperimentano sulla manipolazione del tempo narrativo (caso estremo è Memento).
Le fasi della produzione cinematografica: La sceneggiatura cinematografica
La sceneggiatura è la tappa finale del processo di ideazione di una storia cinematografica, e punto di partenza per la realizzazione del film. Secondo Pisolini, essa è “una struttura che aspira ad essere un’altra struttura”; è una forma di confine, fatta di parole destinate a diventare immagini, concepita in funzione della dimensione visiva. Se Rossellini sosteneva che l’unica sua funzione è rassicurare i produttori, per Hitchcock il film può dirsi concluso quando questa è conclusa.
In La sceneggiatura (2000) Robbiano distingue due scuole di sceneggiatura. Da un lato c’è l’empi-rismo della manualistica statunitense (Syd Field) che esorta ad applicare semplici regole di scrit-tura. Dall’altro c’è un versante europeo più attento all’indagine linguistica, che rifiuta vincoli creativi.
Le fasi della produzione cinematografica: LE RIPRESE
Tutto è pronto, quel grande circo che è un set prende vita per un numero variabile di settimane (di solito, da tre a sei). Le maestranze sono divise in reparti (regia, fotografia, scenografia, costumi, suono, etc.) e il comparto produttivo dispiega le sue forze.
Si va dal produttore esecutivo (colui che rappresenta il produttore sul set e ha la gestione del budget) al runner (un factotum del set che viene incaricato di risolvere alcuni problemi pratici, ad esempio l’improvvisa necessità di un oggetto, nel più breve tempo possibile), passando per l’ispettore di produzione (che controlla che vengano rispettati i programmi giornalieri), il location manager (che individua e gestisce le location del film) e il segretario di produzione (l’amministratore di base del set, che si occupa del catering, delle diarie e della distribuzione dei materiali). Solo per citare alcune delle figure professionali preposte alla produzione durante le riprese.
Le fasi della produzione cinematografica: LA POSTPRODUZIONE
Il film è finito, si fa per dire. Quando terminano le riprese inizia la post, una lunga fase coordinato e seguita dalla produzione. I materiali raccolti sul set vanno montati, sincronizzati, doppiati.
La postproduzione è composta da una serie di differenti processi, riguardanti sia la parte visiva sia quella sonora. Tra le figure chiave di questa fase ricordiamo il segretario di edizione, che coordina i lavori. Sul set è stato la memoria del regista e di tutto ciò che è stato girato (scene, numero di ciak, cambi di inquadrature), dunque in post è fondamentale per i montatori audio e video del progetto. A montaggio terminato, il segretario di edizione (ma quasi sempre la segretaria di edizione) si occupa anche dei titoli di testa e di coda, di organizzare proiezioni di prova e di spedire il film ai distributori.
A questo punto il film è davvero finito ed è pronto a spiccare il volo, grazie agli accordi che il reparto produzione ha preso con distributori cinematografici, festival, televisioni e servizi di streaming. Buon lavoro !!!
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